mercoledì 18 novembre 2020

MONDO PICCOLO

Un ambiente che Guareschi definisce Mondo Piccolo, idealmente paradigmatico della realtà rurale italiana del dopoguerra.


L’altro giorno hanno ritrasmesso un film che molti conoscono: Don Camillo, film noto per le vicissitudini tra lui e l’amico-nemico Peppone che si svolge nei luoghi Brescello Viadana, Gualtieri, sulle rive del grande fiume: il PO

Al di là delle schermaglie politiche tra Don Camillo e Peppone (sempre molto interessanti) l’intenzione è sottolineare alcuni aspetti, marginali e di contorno alla storia in sè: sono gli scorci di agricoltura di pianura del dopoguerra.

Distese di piantagioni di pioppi lungo il Grande Fiume

Fugaci inquadrature dal treno della pianura e dei suoi campi solcati da aratri trainati da buoi guidati dall’occhio vigile e dalle robuste braccia del contadino

Stalle dove la forca era l’attrezzo principe per spostare il letame, preparare la lettiera e distribuire il fieno

La mungitura delle vacche con mammelle piene di latte fatta  da mani esperte e callose

Feste di paese in campagna dove il ballo, il canto, le mangiate e il buon vino non potevano mancare

Poche inquadrature di campi arati, colture di viti, alberi da frutto di quei tempi del dopoguerra, possono farci venire alla memoria le tante tradizioni e metodi di lavoro dei contadini in via di estinzione, che tanto hanno fatto per mantenere sano il prodotto della terra senza scardinare il sottile equilibrio tra esigenze del nostro mantenimento e sfruttamento delle risorse della natura.

Mai come in questo momento le tradizioni, i vecchi mestieri, l’utilizzo di prodotti che la natura ci dona, vengono a sostegno di chi comincia a nutrire dubbi sulla sostenibilità di questa società accelerata.

Non è reazione o conservazione, ma voglia di riscoprire valori dimenticati, tecniche e manualità di una volta.

Tra le tradizioni agricole si è “quasi” persa la tecnica della legatura delle viti con giunchi di salice.

Durante l’inverno, le piante di salice, coltivate lungo i fossi, vengono capitozzate e da questa lavorazione si ottengono legacci di due misure: i giunchi più grossi e robusti, che servono a legare le vigne ai pali e quelli più sottili, usati per fissare i tralci ai fili.

Oltre che fare legacci, il salice può essere utilizzato per fare recinti, capanne, cestini...

Dal salice si possono ricavare poi grossi pali che, messi a bagno per un certo periodo in una soluzione di acqua e solfato di rame, venivano utilizzati come sostegni delle viti o come robusti manici (a buon mercato) di vanghe, forche, zappe etc..

L’utilizzo del salice in agricoltura, è una pratica molto "bio", facilmente utilizzabile nelle piccole realtà agricole, che consente una gestione eco-sostenibile e - allo stesso tempo - di tramandare di generazione in generazione questa antica tradizione contadina.


 

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